
Tutti a cercare di capire chi è Andy Warhol…
Che ve ne frega!?
Chi sono? Non lo so neanche io.
A volte sarei tentato di andarlo a leggere sulle riviste. Si scrive molto su di me, ma alla fine guardo solo le figure negli articoli, non importa cosa dicano. Leggo soltanto i segni delle parole.
Considero tutto in questo modo, l’estensione degli oggetti, una specie di braille mentale. Lascio scorrere le mani sopra la superficie delle cose. Se volete sapere tutto su Andy Warhol guardate unicamente la superficie dei miei quadri, dei film e di me. Io sono lì. Dietro non c’è niente.
La superficie è il perfetto specchio nel quale si mimetizza l’io.
Come nell’antica polis greca, nella quale le statue erano vissute quale cornice della vita sociale dell’agorà, l’arte non è uno spazio privilegiato dello spirito, ma è lo sfondo della sua realtà.
L’artista non deve fare altro che prendere l’esterno e metterlo all’interno, e prendere l’interno e metterlo all’esterno, portandosi a casa gli oggetti quotidiani. In tal modo l’arte diventa di tutti, e non è solo prerogativa di pochi eletti.
Il confine tra arte e vita si confonde e diventano indistinguibili.
Ritornando alla domanda: chi è Andy Warhol…
Preferirei rimanere un mistero, non mi piace rivelare il passato e, in ogni caso, lo racconto sempre in modo diverso ogni volta che lo chiedono.
La mia essenza non esiste. Ciò che invece è reale è l’immagine, la parvenza. La perdita d’identità confluisce nel raggiungimento di un’identità più forte, che resiste al tempo, rimanendo impressa indelebilmente nell’immaginario collettivo.
Dal romanzo “Ho ucciso Andy Warhol”
