Tra i tanti artisti che Modigliani frequenta a Parigi vi è quello che lui definisce “il cannibale messicano”.
Diego Rivera, pittore e muralista messicano, famoso per la tematica politica e sociale di ideologia comunista delle sue opere, e per essere poi diventato marito di Frida Kahlo, si trasferisce a Parigi intorno al 1914 e condivide lo studio con Amedeo Modigliani per un certo periodo.
Rivera soffre di problemi cronici di fegato che gli procurano, a volte, delle coliche. In uno dei disegni preparatori per il ritratto che Modigliani esegue dell’amico artista, sembra proprio che Modigliani abbia assistito a uno di questi episodi, in quanto Rivera vi è raffigurato con gli occhi sporgenti e avvolto in una nuvola di bianchi e grigi.
Nel ritratto eseguito da Modigliani la bocca è piccola, ma il viso è grasso, contraddistinto da un sorrisetto enigmatico.
Solare e imprevedibile, insolente e arguto. Gli occhi appaiono allungati sotto le palpebre abbassate, ma le pupille, a differenza degli altri ritratti, sono visibili, nette e scure.
Il soggetto emerge come estremamente dedito ai piaceri della vita, con una scarsa propensione all’introspezione, come invece avviene in altri modelli, la cui opacità degli occhi sta a denotare la predisposizione introspettiva e riflessiva.
La personalità di Rivera invece è palpabile, contraddistinta da un forte materialismo.
Il personaggio sembra sorridere appagato da tutto ciò che l’esistenza terrena gli può donare.
In questo caso la linea argina i volumi ma in modo vago, lasciando immaginare un corpo dilatato nello spazio.
Il dipinto è quasi interamente occupato dal soggetto Rivera: “il cannibale messicano”.
Brano tratto dal romanzo “Parlami in silenzio Modì”:
Tenendo fede a quanto detto, l’indomani misi mano al ritratto di Diego Rivera.
Lo dipinsi durante uno dei suoi attacchi cronici di fegato, che di tanto in tanto gli procuravano delle coliche. Gli occhi erano esageratamente sporgenti, e un vortice di tinte bianche e grigie contornava l’immagine. La circolarità dell’immagine da un lato esplodeva verso l’esterno e da un altro attirava lo spettatore al centro, costituendo in sé una sintesi tra il classicismo e la sensibilità moderna.
Chiunque, vedendo quella raffigurazione, avrebbe pensato a un carattere rissoso, eccessivo, ma anche a uno spirito raffinato e abile. Gli opposti coesistevano.
Dietro apposi la dicitura che utilizzavo, a volte, riferendomi a lui: il cannibale messicano.