Dioniso è tornato.
Il dio è ricomposto, ha ritrovato la sua unitarietà.
Ha viaggiato per mari e per terre, ha attraversato i sensi e l’inconscio, è rinato nella linfa vitale che scorre nelle piante, prolificando la terra.
Scintilla primordiale del fluire perenne, si impone alla vita con la forza di un virgulto.
Si specchia, vanitoso, dentro la nostra anima, manifestandosi nella gioia di vivere.
Le sue sacerdotesse cantano il Baccanale, in preda alla frenesia estatica. Satiri e Sileni eseguono il ditirambo.
Il viaggiatore, che passa per Siracusa, si attiene al rito propiziatorio, transitando per il suo altare nell’istmo di Ortigia.
Preleva una coppa e prende il largo.
Naviga e ancora naviga, fin quando la sommità del tempio di Atena non sia più visibile.
Nel momento in cui la terra sparisce all’orizzonte, lancia la coppa ricolma di fiori, aromi, grani di incenso e favi di cera, in mare.
Lo sposalizio del mare è compiuto.
Finalmente hai tolto la maschera. Ti riveli in tutte le tue contraddizioni, nella tua bellezza. Enigmatico e ammaliante sconvolgi le coscienze, dissolvi le regole e le inibizioni, riconducendo gli uomini alla purezza primordiale.
I riti celebrati in tuo onore diventano teatro, con danze e musiche, e tu rivivi tra le pietre di quell’alveo.
Dioniso.
Dal romanzo “I fantasmi di Dioniso”

